RomaCogitans

Un serbatoio di idee per chi ha a cuore le sorti di Roma

Il dio col goniometro

Posted by romacogitans su 24 gennaio 2008

Stavo rispondendo a Degrado Esquilino ma mi sono lasciato prendere la mano e ne è venuta fuori una cosa lunghetta che preferisco pubblicare come articolo, anche perché D.E. mi fornisce una buona occasione per sguainare la spada contro una delle caste che detesto con maggior forza, gli architetti. Inoltre – con la voglia che m’è rimasta di perdere tempo con questo RomaCogitans – se non sfrutto certe occasioni di “prolissa creatività” questo blog sparirebbe ben più rapidamente di come sta ora affondando.

Con Esquilino la polemica – molto pacata e corretta, devo dire – è piuttosto vecchia, e risale a quando paragonò i nobili acquedotti romani a quel monumento all’indecenza ed all’inciviltà che è la sopraelevata di S. Lorenzo.

Mi rallegro comunque che il mio collega esquilino non cada nel gioco degli arroganti architetti (sì, arroganti architetti, perché non intendo architetti arroganti, che limiterebbe l’accusa) che confondono arte ed architettura. Ed ora passo alla casta dei distruttori di Roma, quindi quanto segue non è rivolto a Degrado Esquilino: se noi abbracciassimo il loro sordido presupposto non solo ogni squallido palazzone delle speculazioni edilizie degli anni 70 (e attuali…) sarebbe comparabile al Pantheon, ma accettando il sillogismo che un’opera artigianale sia arte, parimenti tutto ciò che si pubblica (Novella 2000 compreso) sarebbe letteratura!

Purtroppo è gente che ancora vive degli echi del riguardo di cui godeva nell’antico Egitto, quando erano anche sacerdoti e venivano considerati il tramite tra dio e l’uomo… in circa 3000 anni di cose ne sono cambiate, però questi geometri che riducono il pianeta terra ad un tecnigrafo non se ne sono accorti: continuano a farsi interlocutori degli attuali dei (i palazzinari ed i politici mafiosi) per soggiogare la popolazione, per sfruttarla, addirittura deriderla (cosa è la teca di Meier se non una derisione della romanità?). Non basta! Per essere capaci di tracciare una linea tra due punti (chiamasi “segmento” e non “scultura”) si sentono tutti Michelangelo e Gaudì. Lo stesso Calatrava, probabilmente il migliore che c’è in giro, non fa che ripetere sé stesso, e non si capisce se per saccente autocelebralismo o per mancanza di idee (che poi – a guardar bene – sono idee rubate a Gaudì).

Meier a Roma ha dimostrato d’essere un geometrucolo da strapazzo. Il suo lavoro non è in sé orribile: è OGGETTIVAMENTE brutto ed insignificante (e penso che anche la bieca ipocrisia alimentata dal delirio d’onnipotenza tipico degli architetti non possa fare a meno di vedere tale evidenza) ma non è questo il vero problema, perché è in base al contesto dove è stato piazzato che bisogna giudicarlo: dove è ora risulta gradevole ad un romano quanto ad un cattolico veder defecare sull’altare della basilica di S. Pietro.

Bisogna distruggere la sozzura di Meier? A mio modesto parere per darle valore basterebbe metterla nel contesto giusto, dove possa avere un senso per sé stessa e per l’ambiente in cui è inserita. Probabilmente il posto migliore potrebbe essere la discarica di Malagrotta. Ora, visto l’imbecillità che c’è in giro, non mi sorprenderebbe più di tanto che qualcuno (i soliti architetti?) possa interpretare la discarica romana come “opera d’arte”… Beh, se gli architetti fossero coerenti dovrebbero trovarsi a loro agio a Malagrotta… tutta quella pop-art!!! Insomma, come bagno pubblico a Malagrotta l’opera di Meier acquisterebbe anche un certo valore… in sé, per l’ambiente che la circonderebbe… e per il gusto che darebbe nell’essere utilizzata per il fine che intimamente ispira….

18 Risposte to “Il dio col goniometro”

  1. Albert1 said

    Cercavi forse di dire con un sottile ed articolato giuoco di parole, velato di metafora e delicatamente infarcito di dilettevoli allocuzioni edulcoranti che la teca di Meier fa cacare ? 😀

    Una volta, in altro luogo l’avevo detto pure io, senza mezzi termini.
    Devo dire però che, come raramente mi capita, sono stato costretto a rivedere l’affermazione ed attestarmi su un più blando giudizio di contestualizzazione: non fa proprio cacare, fa cacare lì dove è messa.

    Quindi sul giudizio estetico tout court permettimi di dissentire (come diceva Pippo Franco quando era una persona seria: “dissento su tutto, dissento sempre, ciò la dissenteria”), fermo restando che i gusti son gusti e se non piace c’è poco da fare.
    Sul divario tra arte e architettura, ancor più su quello tra arte e “geometria” come la intendi tu, invece non solo sono perfettamente concorde, ma ci metto pure il carico.
    Posto che l’arte è arte quando abbastanza gente dice che lo è, e che (sempre nell’accezione comune del termine) alla fine è sempre una questione di personale gusto estetico, bisogna capire quando una cosa è veramente singolare ed unica e quando no. Il concetto di opera d’arte ultimamente è un po’ inflazionato: a mio avviso non siamo proprio più in grado di creare “opere d’arte” e men che meno sono in grado i cosiddetti “maestri” dell’architettura. Quello che ci frega è la riproducibilità, l’industrializzazione e da ultimo il bisogno di funzionalità: progettare un casermone pratico, utile ed urbanisticamente valido non promuove automaticamente al rango di “artista”. Che la sopraelevata di S.Lorenzo abbia un qualsiasi senso artistico oltre l’evidente funzionalità non lo ammetterei nemmeno sotto tortura, che l’Auditorium al Flaminio possa considerarsi arte è una cosa da non pensare nemmeno, e paragonare queste installazioni a vere opere d’arte è pura follia. Secondo me, un buon metro di giudizio è la possibilità o meno di riprodurre l’oggetto: se è riproducibile non è arte, se non lo è allora ci siamo. Traduco: Palazzone “Caltagirone Style”, riproducibile (sono ovunque, tutti uguali); Teca di Meier, riproducibile (ho visto una villa a Viterbo identica); Basilica di S.Pietro, valla a rifà ! E’ un po’ lo stesso discorso che si può fare paragonando una Rolls del 1967 ad una di oggi: la prima significa qualcosa anche per chi di automobili non capisce un tubo, la seconda, come la guardi la guardi è una BMW.

  2. Martina said

    sei un grande!

    A mio modesto parere per darle valore basterebbe metterla nel contesto giusto…….Probabilmente il posto migliore potrebbe essere la discarica di Malagrotta.

    ahahah

    giusto.

    Ho visto un documentario tempo fa in cui si diceva che in realta’ doveva venire diversamente: i vetri dovevano lasciar trasparire l’Ara Pacis mentre invece alla fine riflettono la luce esterna e..in definitiva hanno nascosto il monumento interno!

    che ..frana ‘sto architetto!

  3. oFf_roma said

    Il BLOg oFf_roma esordì proprio con un post dedicato al progetto di Meier. Dopo quell’articolo ne seguirono altri … se avete un minuto di tempo da dedicare all’argomento vi invito a leggerli:

    http://offroma.iobloggo.com/archive.php?eid=2&cid=58679
    http://offroma.iobloggo.com/archive.php?eid=5&y=2006&m=07
    http://offroma.iobloggo.com/archive.php?eid=7&y=2006&m=07
    http://offroma.iobloggo.com/archive.php?eid=10&y=2006&m=07
    http://offroma.iobloggo.com/archive.php?eid=21&cid=58679

    oFf_roma

  4. Premesso che neppure il miglior critico d’architettura contemporanea al mondo si permetterebbe il lusso cafone di immaginarsi una architettura d’autore in una discarica (e mi spiace che questo esercizio si svolga invece su questo bel blog), sta di fatto che il segno di Meier nel centro storico di Roma è, dopo tempo dall’inaugurazine, una cosa di cui si parla. Se ne parla male? Se ne parla bene? Poco importa. Se ne parla. E per un’architettura non è poco. Solo questo la configura come operazione azzeccatissima. Rutelli, sindaco che sempre di più, ex post, giganteggia sul successore, ha avuto l’idea visionaria di far parlare i romani di architettura. Un popolo burino che blatera solo di calcio o di come fregare il prossimo, da qualche mese parla di architettura. “Che schifo Meier”, “E’ meglio Gerhy”, “Amme me piace Fuksas, hai visto la Nuvola?” e così via. Un segno contemporaneo nel cuore della città è qualcosa che suggerisce alla oscena genìe borgatara che transita il corso ogni sabato sera che ESISTE qualcosa di diverso nel mondo. Che le cose possono cambiare. Che non è tutto immobile. Che si possono compiere delle sfide. Sbagliando o prendendoci, poco importa. Peraltro le pessime architetture respingono il pubblico, storicamente. Per quanto riguarda l’Ara Pacis di Augusto siamo al cospetto di un aumento del numero di visitatori semplicemente strabiliante.

    La Teca di Meier (architetto che ha regalato alla città anche una certa Chiesa a Tor Tre Teste che è tanto architettonicamente potente da aver fatto alzare i prezzi dell’immobiliare nei dintorni!) è sicuramente un progetto che ha avuto delle difficoltà, delle modifiche o degli errori. Oggi è quello che è: pare un autogril del Nevada, o uno stabilimento balneare di Santa Marinella. Magari è anche brutta, ma non è certo “brutta” nel significato intellettuale che riveste. Fa parte, peraltro, di un vastissimo progetto urbanistico (rifacimento di tutta la piazza, sottopasso del lungotevere, creazione di una terrazza sul fiume…) che non può essere valutato se non prima del suo compimento.

  5. Albert1 said

    Eppure…

    …eppure, nel senso che diamo comunemente oggi all’arte, un’installazione del genere in mezzo a montagne di immondizia sarebbe qualcosa: sono certo che se ne parlerebbe molto di più e che contribuirebbe alla fruizione dell’arte anche da parte di un pubblico allargato (sorci compresi). Pensa solo quanta gente passerebbe per Malagrotta solo per ammirare l’architettura d’autore, immagina che rilancio della zona !

    Il punto è lì: Roma è magnifica, così com’è. Hanno istituito (e pagato) commissioni su commissioni di presunti esperti per decidere il colore dei sampietrini da usare per gli interventi di ripavimentazione di alcune strade, rompono le palle per la tinta da usare per le facciate dei palazzi restaurati, ti arrestano se ti chiudi una veranda a piazza di Spagna e poi permettono un oggetto simile INTORNO ALL’ARA PACIS ? No. Mi dispiace, ma dissento di nuovo. Le ultime “grandi opere” di Roma risalgono al Ventennio, già non tutte proprio azzeccate, ma quello era un periodo in cui “volevasi così colà dove si puote ciò che si vuole”. E aggiungo che in un certo senso ce n’era bisogno. Oggi non è così: i vastissimi progetti se li facessero nell’hinterland (cosa che peraltro già fanno), senza toccare la Città di Roma, almeno nel suo cuore. Mantenimento, ristrutturazione, pulizia e ordine, ma nulla più. In questo includo anche l’EUR (zona ex-fiera), dove abbattuto finalmente quello schifo rossiccio a padiglioni, dovrebbero limitarsi a lasciare giardinetti, fontane e parcheggi.
    Ma tu immagina il turista americano che dopo una “full immersion” nella magnificenza dei monumenti eterni, dopo una sgambata nei vicoli del centro e di Trastevere, dopo una “session” fotografica al Portico d’Ottavia e un giro di “shopping” a via del Corso arriva davanti all’Ara Pacis (che se passi distratto manco la vedi) e dà di gomito alla moglie dicendo: “Hey, hon, check it out, a huge gas station right here ! Go get some candies for the kids and a sixpack for me, maybe there’s a decent toilet”…

    Infine, ma non per ultimo, ‘sta roba la paghiamo anche noi. Potrei pure non essere proprio contento, di questo…

  6. Rifletto: se un giornalista americano – culturalmente cresciuto nel kitsch e nello sproposito come standard – si accorge che questa infame opera è assolutamente oscena e decontestualizzata, perché noi omuncoli provincialotti esaltiamo tale scempio? Non saremo troppo pronti ai salamelecchi di fronte ai “gringos”? O bifolcamente ci vergogniamo della grandiosità che trasuda dalle nostre città e – da buoni masochisti – andiamo a cercare meticolosamente la spazzatura in cemento d’oltrefrontiera (ma non solo: FuCk-sas è romano) per espiare il primato di arte e bellezza assoluta che non si confà ad una popolazione così squallidamente arretrata, rognosa ed immorale come la nostra?

    Insomma, tutte le sozzerie che si vanno costruendo nelle città d’arte servono a bilanciare la maestosa perfezione raggiunta dai nostri avi e per degradare le nostre città ad idoneo specchio della mesta e ignobile gentucola che sciama tra un McDonald e un negozio di cellulari, vermi incuranti di calpestare strade e selciati che hanno visto dipanarsi la storia più importante del mondo occidentale?

    Considerando che viene citato il più squallido politico della storia romana recente – un “verde” che tra le altre cose ha permesso alla sua amica Armellini Angela di costruire un Hotel di 8 piani e lungo oltre mezzo chilometro in un’area vincolata – la riflessione conclusiva è questa: se è vero che un popolo si merita la propria classe dirigente, altro che Prodi e Berlusconi! diamo direttamente a Riina il mandato come presidente del consiglio… E chiediamo a gran voce il quasi-mafioso Cuffàro come prossimo sindaco di Roma… magari ci porta i cannoli siciliani!!!

  7. Leo said

    …nel mondo dell’arte, oggi, i critici si mettono d’accordo con gli artisti (e in questo caso gli architetti) per “lanciare” uno stile, per trovare significati nascosti ad opere che non hanno OGGETTIVAMENTE nulla da dire a nessuno. La plebaglia che si accanisce oggi su Meier non credo che dimenticherà tanto presto le sue priorità (pallone in primis): per “educare al gusto” in campo artistico, il comune di Roma avrebbe a disposizione molto più materiale che è costantemente sotto-utilizzato. Affermare (mi riferisco a D.E.) che “da qualche mese parla di architettura” mi sembra (senza in realtà distorcere il pensiero originale) una ripresa dello SQUALLIDO concetto televisivo-mediatico che tanta “importanza” ha oggi, della necessità di PARLARE di un personaggio, poco importa se è RIINA o MARIA TERESA DI CALCUTTA.
    I miei più vivi complimenti a D.E. per la sua perfetta integrazione in questa società dove ormai la sola cosa che conta è che se ne parli… non importa come ma che se ne parli (e purtroppo straparli…)

  8. Albert1 said

    RC: vengo spesso accusato di eccesso di analisi e prolissità, ammetto di non avere il dono della sintesi.
    Sic stantibus rebus, hai espresso la mia idea come mai avrei potuto io.

    “vermi incuranti di calpestare strade e selciati che hanno visto dipanarsi la storia più importante del mondo occidentale”…

    Questa è sintesi.

  9. RondoneR said

    Completamente d’accordo con te R.C.,

    e non sai quanto mi girano quanto sento le tipiche, ridicole tesi alla D.E., che sento dai tempi dell’Università.
    Allora, non mi va ora di aprire un’analisi estetica (del r esto mi sono laureato ahimè proprio in Estetica) sui mali del 900 figli di una salutare ma pericolosissima fuga dal classicismo ormai al tramonto.
    Dico solo che tu R.C. hai centrato il punto. Non si tratta di “parlare di architettura”, “di esperienza”, “di emozione” che dovrebbe dare l’opera d’arte. Tutto questo ormai è fumo negli occhi.

    La verità è che gli architetti attuali più in voga non saprebbero tirare su un muretto di mattoni dritto (mio padre, architetto, mi ha sempre ricordato che è il capomastro bravo che deve rispettare il progettista perché entrambi sanno di cosa parlano). Ecco, oggi c’è totale sordità.
    E’ la capacità e la conoscenza dei nostri ‘Lorenzi magnifici’ che non è mai stata così bassa.

    Cito a memoria (per cui male) il solito Wilde: “non esistono libri di genere, esistono solo libri ben scritti o mal scritti”.

    Nessuno è in grado di rifare un solo capitello (erano scolpiti a mano dagli operai!) ma pretendono di giocare con i computer (magai RC ci fossero ancora bolle e goniometri) e come sempre accade. Più sono ignoranti e incapaci, e più sono pretenziosi e presuntuosi.

    In soldoni: La Rivoluzione Artistica, la liberazione dai ricatti dei mecenati, la liberazione dai dogmi classici hanno prodotto l’AUTO ARTISTA che scala il sistema con il miglior MARKETING e RELAZIONI SOCIALI o POLITICHE ed infine, paradossalmente, hanno recuperato un peggior grado di dispotismo culturale, per cui:

    “Non ti piace Meier? Sei un ignorante!”

    Che ipocrisia.

  10. Leo said

    … mi sembra che abbiamo espresso (ovviamente in modo differente), mi rivolgo a RondoneR, lo stesso concetto: gli “artisti” divengono tali sulla base di leggi di mercato (create ad arte da chi ne trae vantaggio) piuttosto che sulla base del valore delle loro (presunte) opere.

  11. Riprendo la penultima frase di Rondone per dire che quella stessa affermazione è vera anche se ci sostituisci altri nomi ed io ne voglio mettere altri 2. Non mi riferisco ad architetti ma sono persone che hanno avuto o hanno ancora un loro riconoscimento a livello mondiale e che in quanto osannate si sono ritrovate sull’altare della gloria come i “maestri” .. opinione che personalmente non sottoscrivo.
    Fellini e Benigni.

    Laura

  12. Leo said

    La provocazione di Laura mi sembra evidente… ma forse vale comunque la pena ricordare una cosa.
    Che Fellini (piaccia o non piaccia) non è stato certo il tipo di regista che ha fatto film “commerciali”. Al contrario si potrebbe dire che non ha cercato quasi mai il gusto del grande pubblico (almeno in quelli che sono considerati, a livello mondiale, capolavori, fermo restando il pieno rispetto della tua opinione).

    Per quanto riguarda Benigni, posso capire che ci sia maggiore margine di discussione, considerando in particolare che è sempre stato “schierato” politicamente, anche se non gli sono certo mancati spunti “indipendenti”…

    In ogni caso, non credo che una persona realmente equilibrata ed indipendente possa arrivare a dire “ignorante” a qualcuno che esprime una preferenza in ambito artistico-letterario, dal momento che esprimere un’opinione implica CONOSCERE (che è il contrario di IGNORARE) cio’ di cui si parla…

    saluti

  13. Albert1 said

    Che dire… Fellini semplicemente mi annoia (ma è soggettivo) sarà perchè un’amica che a suo tempo ci lavorò mi ci ha fatto talmente due p*lle che è scattata una specie di protezione. Di Benigni riconosco l’estrema furbizia (un grillo ante-litteram) e la notevole capacità espressiva. E’ riuscito con Dante dove hanno fallito generazioni di insegnanti. Ma lo preferivo prima: se non l’avete mai visto vi consiglio “Berlinguer ti voglio bene”. Un film da rimanere piegati in due sotto il divano dalle risate, altro che i polpettoni attuali Piovaneschi e Braschiani.
    E però, nonostante tutto, non mi sento di metterli al livello dei “geometri” di RC. A modo loro hanno fatto e fanno cose uniche, che comunque lasciano un segno nella memoria della gente: i “segni” di un Meier o di un Rogers, ma puranco (orsù) di un Piano, preferisco cancellarli dalla mente.

  14. RondoneR said

    In effetti Laura ha il merito di sparare sugli intoccabili.

    Appunto. Dichiarazioni come queste creano sgomento su ogni tavola o salotto (perfino tra i tifosi, Leo, smettiamola di denigrarli, io (che certo non sono un ultras) difendo l’ultimo avanzo di passione autentica (non il sistema commerciale, ma la fede calcistica) e invito tutti a rilegerre Febbre a 90 per capire di cosa parlo).

    Laura azzecca gli esempi (più il primo, il secondo solo negli ultumi tempi). Perché hanno avuto, loro malgrado la stessa assurda esaltazione totalitarista. E le cosa prescinde dal botteghino, che tutto sommato nel cinema dovrebbe essere comunque considerato.

    Fellini è il re in mutande. In tutti sensi, anche, onestamente economici. E che nessuno osa smascherare.

    Potrei nel cinema aggiungerne tanti, come nella letteratura e nelle arti figurative. E badate bene, qui appunto non conta più nemmeno il successo commerciale personale. Spesso gli esempi sono quasi morti di fame. Per poi produrre mercati interi che su loro speculano.

    Si tratta della perversione intellettual-razional-economicista dell’ultimo secolo, iniziata forse dal genio di Hegel (scusate se faccio sempre il filosofo delle favelas). Il quale (che invece riscosse enorme trionfo d’ascolto, ai danni di rosiconi molto più coerenti come Schopenhauer) rovesciando come un calzino Schelling, decise di usare ancor più estro e fantasia nel proprio sistema, ma sostanzialmente raccontandoci anche un enorme serie di splendide cazzate dialettiche e giochi di parole interpretabili in ogni direzione.

    Da lì la sua eredità carmelobenista che verrà trasfuso fra i vari Marx, Sartre, lo stesso Heidegger.. per sconfinare in ogni campo artistico estetico (penso per esempio a Kandinsky, Mondrian o perfino a Salinger e Joyce, fino ad Antonioni o Bergman..).

    Ed ecco che ora ci becchiamo come rivoluzione a tanto pollockismo radical, Moccia e i suoi mocciosi…

    Che dire?

    ..Porco Hegel…

  15. Leo said

    @RondoneR

    in tutta sincerità (scusa se il mio eloquio non può essere al tuo livello, ma forse sono stato fortunato…) mi sembra che chi va dietro a quella che tu chiami passione, in realtà alimenta solo un misero teatrino in cui neanche le partite di squadre di serie C erano (e sono) vere. Per rimenere un po’ terra-terra, ma sono sicuro che apprezzerai l’esempio, è come se vedi quella che tu pensi essere una bella donna e invece… mostra sorprese notevoli. A te piaceva, d’accordo (con rispetto parlando ovviamente dei tuoi gusti sessuali), ma forse ti senti un po’ fregato quando arrivi al dunque…

    A parte quella che tu definisci “esaltazione totalitarista” (anche se mi sembra che non sia prevista in nessuna scuola d’Italia la proiezione di film di Fellini o di Benigni) della quale si potrebbe salvare il concetto legato all’esaltazione, il discorso mi sembrava centrato su qualcosa di diverso: come vengono spesi soldi pubblici per abbellire una città.
    Se Fellini e Benigni ti stanno tanto sui coglioni, non andare al cinema a vedere i loro film e non accendere la TV (ma questo credo che sia piu’ basso come rischio) in ore “piccole” quando Benigni legge Dante.
    Non perderai un centesimo.

  16. RondoneR said

    @Leo

    Il tuo eloquio è molto migliore del mio (se non altro è privo di sviste ortografiche e personalissimi neologismi).
    Sul teatrino siamo tutti d’accordo, tanto che io non vado più allo stadio e nemmeno pago alcun canale calcistico.
    Io parlavo della passione però svincolata da ogni ritorno. Questa è l’unica cosa che rimane. Senza senso, senza ragione. Una malattia. Appunto. IL TIFO.

    Va benissimo l’esempio della donna falsa, come io uso sempre quello del fumo. Solo gli ottusoni americani credevano che fumare non facesse male. Io fumo e so che mi uccide. Come chi ama una malafemmena sa che ella lo rovinerà ma non ne può fare a meno. Con questo? Sarò pazzo, sarò come la tartaruga di Trilussa che fa il passo più lungo della gamba, e si rovescia, ma “almeno, prima de morì, vedo le stelle..”

    Tutto qui. Questo è Romanticismo. Io morirò tifoso. Non so quante altre cose posso essere tanto sicuro di portarmi nella tomba. Ed il tifo è trasverale nella società, non siamo tutti bietoloni scemi. Anzi.

    Sull’altra questione hai ragione in parte. Perché certi registi spesso sono appunto aiutati da soldi pubblici (con i cinema vuoti). Senza contare il canone RAI.
    Chiaro che la mia rifessione era poi molto più generalista e fuori tema (partiva dall’intervento di laura) e che l’espressione totalitarista era appunto paradossale.

  17. Leo said

    @RondoneR

    Sull’aiuto dello stato, hai assolutamente ragione ed è un aspetto che avevo tralasciato: in un discorso onesto fino al midollo, va ricordato, e aggiungo che addirittura T.Brass ha beneficiato, grazie a una legge demenziale, di soldi dei contribuenti per fare i suoi film!

    Per il tuo “approccio” alla vita (Romantico come dici tu), capisco che cerchi di esprimere sentimenti autentici e non addomesticati da inganni più o meno palesi, ma fai attenzione a non farti sommergere dalla “massa”: molti potrebbero (mi riferisco al calcio) non vedere bene la differenza….
    un saluto e un consiglio sincero: smetti di fumare!

  18. […] e occulta una chiesa barocca va assolutamente rimossa… Non necessariamente distrutta (anche se non si farebbe alcun danno a portarla in discarica) ma riutilizzata in qualche periferia come biblioteca, o area esposizione, o pronto soccorso, o […]

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